PARTITUREFelicia Buonomo

Stanza d'Hotel

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Stanza d'Hotel

La bambina guarda fuori dalla finestra. Intravede il verde che circonda lo spiazzale dirimpetto a questa casa al piano rialzato di un quartiere alla periferia nord di Milano. È soprannominato il Bronx, eppure l'estate è arrivata anche quest'anno. Ascolta le voci dei bambini giocare, e pensa al modo in cui potranno piangere la sua morte. Come se potessero davvero accorgersi della devastazione che contamina la sua casa e trasferirla nelle lacrime destinate al suo viaggio.

«Pensa che questa sia l'immagine del suo attuale stato emotivo?», mi domanda serafica Laura, la mia psicoterapeuta, una donna garbata, voce rilassata e movimenti di una lentezza inusuale. «Ho sempre questa sensazione di oppressione sul petto», le rispondo, indicando con scatti nervosi la zona che sovrasta il mio abbondante seno. «Non la sopporto più», aggiungo.

Mi sta praticando una tecnica chiamata Emdr, che desensibilizza i traumi. Dicono che funzioni, a me sembra una magia. Mi sento affaticata.

Forse dovrei dire a Laura che il trauma su cui stiamo lavorando è solo l'ultimo, e che questo è l'ultimo tentativo che mi concedo per aggiustare la mia vita. Ma non oso. E mentre tento la ricomposizione, ripenso alla fessura dove passa la chiave di una stanza d'hotel di una città che non conosco, la misura del mio spazio nell'umanità: scollegata.