PARTITUREAntonella Perrotta

Abbacinante squallore

PARTITUREAntonella Perrotta
Abbacinante squallore

La salsedine nell’aria non riesce a spazzare l’odore di polvere proveniente dalla strada e dall’edificio adiacente in stato d’abbandono. Le ampie vetrate sono sporche, non riflettono la luce del sole che volge al tramonto e, dell’interno, lasciano intravedere le sagome soltanto di pile di scatoloni e di sedie accatastate le une sulle altre.

Da un angolo giunge uno spasmo.

Una donna dalla pelle abbronzata, i capelli lunghi, ricci e neri, sta seduta a terra in maniera scomposta, il busto appoggiato al muro scrostato dell’edificio, le gambe secche abbandonate a se stesse, un piede calzato da un sandalo col tacco alto, l’altro nudo con le unghie laccate con smalto rosso fuoco. Gli occhi sono fessure nella pietra, brillano d’ingordigia sul viso largo e solcato da rughe profonde, involgarito dal trucco pesante. Il vestito nero troppo attillato lascia scoperta l’attaccatura del seno abbondante e cadente ed evidenzia il torace massiccio e le pieghe dell’adipe di un ventre floscio.

Di fianco a lei, un uomo, all’apparenza più giovane. Magro, al suo confronto sembra non avere consistenza, come se lo sguardo famelico della donna fisso su di lui avesse fatto razzia delle sue carni. Ha mani grandi, dita sottili e storte, unghie rosicchiate. La barba lunga, incolta, di un rossiccio pelo-di-cane, annulla il suo viso minuto dai lineamenti un po’ infantili e gli occhi di un azzurro slavato, svuotati e spersi alla mercé del mondo. Sta aggrappato a un braccio della donna, rivolto al suo seno come a volerne succhiarne latte di madre.

Lei lo bacia, le loro lingue s’incontrano, le loro labbra mostrano denti anneriti da nicotina, la saliva cola sulla barba di lui e si fa schiuma biancastra, il rossetto di lei sbava sul viso di entrambi.

Lui la palpa, una mano sul seno sotto la veste, l’altra fra le cosce. La denuda sulla strada, mentre lei lo lascia fare, eccitata, tra la polvere, gli sguardi altrui, la fame di sensi, lo squallore di anime.

E chi è la vittima e chi il carnefice? Chi il dominatore e chi il dominato? Chi è sacrificio e chi coraggio? Chi si abbandona a chi? Chi prende e chi dà?

Quale il gioco disperato, quale la carta lanciata per prima, quanta la miseria, quanta la passione assassinata, quanto lo squallore di corpi sfatti che non mostrano anime. Puzzano d’imbroglio, bestie ed esseri umani insieme, caricature di bestie e di esseri umani insieme. Opportunisti di una vita disturbata che, nell’esaltazione del disturbo, consumano il tentativo di annientarlo. Non chieder loro se sono felici.

E un abbacinante squallore si fa padrone della terra e dell’aria e nulla, neanche la brezza marina, riesce a riportare la purezza in quei gesti che amore non conoscono. Polvere di vita insoddisfatta è quel che resta.